Immigrati di diverse nazionalità in viaggio dal vecchio continente al nuovo incontrano un incubo a bordo di una seconda nave alla deriva in mare aperto.
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La nuova serie di Odar è accattivante non c'è che dire, ma al tempo stesso ha il respiro corto. E' più rilevante da un punto di vista tecnico e scenografico, con gli interni della nave, realmente claustrofobici, e nei paesaggi metafisici che si aprono nei passaggi e negli interstizi della nave stessa. Vuole essere imprevedibile ed in parte ci riesce, però è innegabile che peschi da riferimenti cinematografici precisi come DArk City, Matrix ed in parte il Triangle di Smith se vogliamo rimanere sul tema delle navi deserte e loop di varia natura. Di conseguenza che non è neofita di questo tipo di pellicole, parte dell'imprevedibilità tende a scemare. A livello visivo nulla da dire, sono le carte migliori di questo lavoro, i personaggi un po' meno, lasciati in balia di se stessi e con dialoghi qualitativamente non sempre all'altezza. Una volta capito il meccanismo anche il finale stesso non mi ha colpito più di tanto, ma devo ammettere che offre dei risvolti interessanti. Il precedente Dark di Odar era di tutt'altro livello sia pure nella sua estrema complessità, ma una seconda stagione di questa serie la vedrei.